Benedetta Vulcani
EL TRIESTIN
Il TRIESTINO MEDIO si chiama Pino.
Ha una moglie di nome Nives, mediamente due figli, anzi, due figlie femmine che “no le capissi gnente”.
Ha una suocera “rompicoioni” che prepara per tutta la famiglia il pasto domenicale composto da “jota, patate in tecia, civa co la zivola, capuzi e bira”.
Il TRIESTINO MEDIO sa tutto lui, è più furbo di tutti, “el ghe la caza a tuto el mondo”.
Ha i baffi o la barba non curata, è smilzo ma con la pancetta che avanza oppure segue le tendenze e si cura molto ed è solo quando apre bocca che intuisci di avere davanti il triestino medio.
Fuma, sempre, troppo, tutto quello che trova, se lo trova al duty free è anche meglio.
Una volta “oltre confin” era ancora meglio.
Fuma prima del “capo in b” per insaporire il palato, fuma dopo “el capo in b” per preservarne il gusto.
Il TRIESTINO MEDIO è un figo, veste tutto firmato e lavora in ferriera “fin che no i la sera”.
Il sabato pomeriggio fa shopping per le vie del centro lamentandosi che Trieste è sempre uguale, un mortorio, non c'è niente e fa sosta da Pepi s'ciavo per un “panin con la porzina, senape, kren e un spritz”.
La domenica il TRIESTINO MEDIO non se ne sta a casa, va a sciare sullo Zoncolan, a Pramollo e parcheggia la moglie a farsi l'abbronzatura in baita.
Il TRIESTINO MEDIO fa il figo il lùnedi al lavoro con i colleghi “iero de qua, iero de là, gavemo magnà in baita, go lassà casa la baba, cossa me porto drio el cugno co tuta la figa che iera in giro”.
La TRIESTINA MEDIA il giorno dopo con i colleghi: “Ma no te sa che bel, no te ieri mai, ma no sta dirme, se gavemo incoconà e po ciò, go spavà soto al sol me son brustolida... che balle, el mona xe nda a sciar, si ... el ga vardà i amici dei! Che no el sa gnanca come se meti i sci. E ciò, no te sa che bel negozietto che i ga verto in paese, te sa, vicin la casa de Maria che la ga venduda a mia santola!?”.
D'estate il TRIESTINO MEDIO ha due possibilità. O se ne va a Barcola “Iero ai topolini, che bordel, che coioni” oppure se ne va in “Jugo”; “che coioniiiiiiiiiiii, dove va tuta sta gente cossa xe sto casin!?”.
E poi c'è il TRIESTINO MEDIO che ha la barca, ovvero, a parlare con un triestino medio, tutti.
Barca. Termine che secondo il TRIESTINO MEDIO ingloba dal gommone di 2 metri alla barca a vela di 15.
E se ne va in Istria o in Croazia “Ssai bel, belissimo, in barca se stava de dio, figon, ma che coioni in porto, che casin, che bordel”.
Il TRIESTINO MEDIO partecipa alla Barcolana “Ndemo dei, femo la regata dei, ti te porti un do fiaschi, mi porto un coto, ah scolta ricordite la trapa che po' rivemo el prossimo ano”.
Il vero TRIESTINO MEDIO vive per l'osmiza, sua seconda casa nelle tiepide giornate autunnali e nelle miti serate primaverli “Ciò, ierimo in osmiza a Samatorza, ciò no te sa come me son incanfarà....iero pien come un ovo” e poi torna a casa guidando allegramente “ciò, cos te vol, semo rivai, ste strade le conosso come le m..” e si stampa contro il marciapiede.
Il TRIESTINO MEDIO ostenta “Ciuuu quando te se compri el suv, ara sa sta tento che te frego mi l'ultimo model. Cossa? Te servi un prestito?? No sta far el mona ara qua 5 euri vate a comprar un gratta e vinzi, mona!”.
“Mona” che ha molteplici interpretazioni in base al discorso ed al tono di voce.
Esiste il “mona” che sottointende “cocolo”, il “mona” che fa intuire “coion” e il “mona” che in stile decisamente naif sta per “mona” e basta.
Il TRIESTINO MEDIO adora il suo dialetto, lo parla a tutti i livelli socio-professionali. Ci è cosi affezionato che lo parla anche nelle regioni confinanti, dove si esprime così al bancone di un bar “Scusi la me darìa una ioza de acqua per favor?”. Ci è cosi affezionato che se gli fai notare l'incongruenza .. “Beh cossa xe..xe quasi italian, poi semo qua drio el canton dei!”.
Il TRIESTINO MEDIO ha sempre ragione.
Il TRIESTINO MEDIO è seguace della filosofia del “ndemo dei”. In accezione negativa; “ndemo dei no sta dir monade”, in accezione goliardica; “ndemo dei no sta far el mona”, in accezione strafottente; “dei, dei, ndemo vanti!”.
Il TRIESTINO MEDIO è in effetti mediamente strafottente e arrogante e presuntuoso però è anche praticante di un' altra fondamentale filosofia, il “no se pol”.
Trieste è famosa per essere la città dei “no se pol” e il TRIESTINO MEDIO è cresciuto a pane e “no se pol” e lo sa benissimo, lo sa così bene che non si affanna in tante azioni o proposte o attività perchè tanto “no se pol”.
Vi farei numerosi esempi ma ... “no se pol”...!
Ma Trieste è anche la città del “sempre alegri mai passion viva l’A e po’ bon” e del “morbin”. altre due importantissime filosofie di vita per il TRIESTINO MEDIO.
I “viva l’A e po’ bon” seguaci sono sempre felici, vivono con leggerezza il presente e lo vivono bene tanto “tirar le cuoia bisogna prima o poi”. I “viva l’A e po’ bon" boys vanno in osmiza ridendo e, fra uno slivovitz e un terrano, ne escono cantando. Partecipano alla Barcolana per mangiare bere e stare in compagnia, lavorano “perché me toca” ma senza ammazzarsi per il suddetto.
Insomma vivono “viva l’A e po’ bon xe el moto triestin”, più chiaro di così!
E poi i TRIESTINI MEDI sono dotati quasi tutti di “morbin” e lo dispensano appena possono, orgogliosi del loro “morbin”.
“Morbin” ovvero quel non so che di giovialità cameratesca a cui nessun triestino si sottrae, quel pizzico “de morbin” che rende le cose più facili, una specie di sobria ubriachezza dello spirito che fa divertire se stessi e gli altri.
Ed ecco per quale motivo il TRIESTINO MEDIO sposa la filosofia del “viva l’A e po’ bon” ed ovunque si gira vede cose “sai cocole” oppure s'incontra con “muli e mule sai cocoli”.
Se “te son sai cocolo” vuol dire che piaci proprio al triestino, hai fatto colpo, gli vai decisamente a genio.
Se un TRIESTINO MEDIO riporta ad altri che quella tal cosa a cui ha preso parte “la xe stada sai sai cocola” vuol dire che si è divertito molto, se ti mostra un qualcosa e ti dice “ara che cocolo” vuol dire o che l'ha appena comprato o è molto prossimo.
A proposito di interazione linguistica con un triestino, se da dietro le spalle senti urlare “Capo! Capo?!”, è il TRIESTINO MEDIO che ti vuole chiedere o avvertire di qualcosa ma non sa come ti chiami perchè per lui risulti ancora non identificato e quindi sei un “Capo”.
Ma attenzione, se sentite la parola “capo” in un bar è marcatamente più probabile che il TRIESTINO MEDIO si riferisca al cappuccino che sta per ordinare, come anche “capo in b” al capuccino in bicchiere.
Discorso a parte per “mato”. Trieste si sa “la xe la cità dei mati” e non perché siano tutti impazziti a causa delle “refolade de bora”.
“Ndemo de quel mato a cior le ciche”, qui lo si intende come negoziante oppure quando “el mato ga ragion” si da ragione a qualcuno.
Insomma “mato” come essere umano pensante.
Quando un TRIESTINO MEDIO incontra un suo simile a cui rivolge parte della sua stima lo sentirete salutare cosi: “Adio bel, come xe?”.
Quando invece incontra un compagno di scorribande, anche se stimato, gli dirà molto affettuosamente e simpaticamente “Ciò mona vien qua, come xe !?”
Il TRIESTINO MEDIO ha un solo piccolissimo difetto, “porcona”.
I TRIESTINI MEDI amano la loro regione e non si sentono superiori in quanto capoluogo, “ciò ndemo magnar dei lanfur che se sparagna”.
I “lanfur” abitano in “furlandia” ed è la popolazione dell'altra metà della Venezia-Giulia, ovvero il Friuli.
Il TRIESTINO MEDIO ama Udine ed i suoi borghi limitrofi tanto che frequenta le sue sagre, le fiere, i suoi centri commerciali ma poi torna a casa la sera e dice “Grazie a dio son triestin” oppure con più indulgenza “Dio no xe furlan se no paga ogi paga doman”.
Il TRIESTINO MEDIO s'incazza furiosamente quando la rete giornalistica nazionale colloca Trieste in Friuli, e gioiosamente fa presente al televisore che Trieste è giuliana “furlana sarà tu mare, mona!”.
Mona in questo caso detto con accezione decisamente negativa ed offensiva equivalente ad un “ignorante testa de cazzo”.
Conclude il discorso ribadendo per bene il concetto di “va in mona”, concetto che a volte viene espresso in maniera più goliardica ed amichevole con un “magnime el cul”.
Infine il TRIESTINO MEDIO quando vuole chiudere il discorso, salutare gli amici, sganciarsi da un incontro fastidioso o semplicemente “no perder el bus” si avvale della facoltà di pronunciare “eh bon ah” e qui ogni triestino capisce il concetto al volo.
EH BON AH!